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L’economia si impara… in concessionaria

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Luciano, raccontaci come è nato il progetto “Breakfast economy” e quali sono i suoi obiettivi.

«Il progetto è nato all’interno di Dude, la società che ha prodotto i video: si è ragionato sulla possibilità di realizzare delle pillole di economia che potessero essere universali e accessibili a un pubblico più vasto di quello degli addetti ai lavori. Da questa idea si è poi sviluppato l’intero progetto, prima producendo una puntata pilota che ha riscontrato l’interesse de Il Sole-24 Ore – in un momento in cui il giornale di Confindustria vuole rilanciare la sua strategia media attraverso il cosiddetto “branded content” – e poi di FCA, grazie ai quali sono state realizzate in concessionaria le prime sette puntate di questa mini serie, ognuna associata a una teoria economica. Insieme a questi partner abbiamo creato contenuti che da un lato rispondessero alle esigenze pubblicitarie e dall’altro riuscissero a centrare l’obiettivo di una divulgazione accessibile; una convergenza d’interessi grazie alla quale, credo, siamo riusciti a realizzare un ottimo prodotto».

Tu sei un docente di economia sperimentale e della felicità, qualcosa di un po’ particolare. Vuoi provare a spiegarci cos’è?

«L’economia comportamentale è una branca dell’economia che usa un approccio descrittivo per spiegare un comportamento economico. Si utilizzano gli strumenti della psicologia cognitiva per capire da cosa derivano le scelte economiche, si studia il comportamento delle persone “sul campo”, utilizzando metodi sperimentali, e si analizzano poi quei dati per capire, per esempio, cosa ci sia dietro l’acquisto di un prodotto piuttosto che di un altro. All’interno di questo particolare campo di studi si trova anche quella che viene definita “Economia della felicità”, e cioè lo studio delle determinanti (i fattori) che concorrono a definire la qualità della vita e il benessere soggettivo. Se il reddito è sempre stato il parametro col quale si è misurata la salute di un sistema economico, soprattutto nelle società in cui si è superato il livello minimo di sussistenza, oggi per comprendere il concetto di felicità, per comprendere cosa rende felici le persone, dobbiamo guardare a una realtà complessa e sfaccettata, che tenga conto, per esempio, della qualità dell’ambiente, del livello di salute e istruzione, di come si instaurano rapporti con gli altri. Insomma ci sono molte cose che concorrono alla nostra felicità, tutte in qualche modo connesse al reddito, ma non in modo lineare. Si è passati da una situazione unidimensionale a una multidimensionale».

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Nei video dici che spesso con le automobili s’instaura un rapporto che va oltre il possesso. Ci spieghi meglio questo concetto?

«Bisogna fare una premessa. Ciascuno di noi, nel momento in cui entra in possesso di qualcosa, consegna all’oggetto un extra valore: si chiama “endowment effect” (effetto dotazione) e proviamo a spiegarlo, sempre in una concessionaria FCA, nel quarto episodio della nostra mini-serie. Allo stesso bene diamo valutazioni diverse nel caso in cui lo si possegga o meno, perché creiamo relazioni con le cose. Potremmo anche chiamarlo “effetto Ikea”, che vende mobili da assemblare non solo per esigenze tecniche e di economia, ma anche perché ogni persona concorrerà alla creazione del prodotto, sentendolo più suo (a meno che non manchi una vite o un tassello, in quel caso le reazioni saranno altre). Per rispondere quindi alla vostra domanda: la macchina, agli occhi del proprietario, nel momento dell’acquisto assume una nuova identità. Si chiamano beni posizionali, perché non sono semplicemente “posseduti”, ma dicono molto anche dell’identità di chi li possiede e della relazione con la comunità nella quale si vive».

In queste settimane noi di Mocauto stiamo provando a immaginare come sarà la concessionaria del futuro. Per te quale sarà la caratteristica principale?

«Per rispondere, parto da un esempio per me significativo. In un libro che mi è capitato di leggere si parlava di quanto è accaduto nei primi anni ’90, agli albori di internet. L’autore raccontava di un compagno di studi connesso a un piccolo modem 56k, una scatola anonima, connesso a una rete vuota collegata alla biblioteca, che fantasticava sulla possibilità di accedere da lì a tutto il sapere presente in forma cartacea, ai libri e alle riviste. Di lì a cinque anni il mondo si è trasformato e in molti sapevano cosa fosse il web, quali fossero le potenzialità e le possibilità.

Oggi viviamo un’epoca in cui, soprattutto nei settori in trasformazione, è complicato fare previsioni anche di medio termine, perché lo sviluppo tecnologico corre. È anche il caso dell’automotive, uno di quei settori in cui assistiamo agli sviluppi più rapidi per gli effetti dalla sharing economy, che sta aprendo nuovi scenari e nuove modalità d’intreccio fra economia e società. Se devo azzardare un’ipotesi, credo che saremo sempre meno “proprietari” di un autoveicolo e i concessionari potrebbero diventare luoghi in cui saranno venduti “oggetti da collezione”. Il possesso dell’auto potrebbe diventare un qualcosa destinato agli appassionati, e il venditore avrà il compito di fornire valore aggiunto, portando a soddisfare una passione del cliente. Bisognerà essere in grado di reinventarsi, anche in relazione alle innovazioni tecnologiche che arriveranno, fornendo servizi che siano sempre più di alta qualità».

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