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Brexit e mercato auto, cosa accadrà?

Brexit

Cosa accadrà al settore automobilistico del Regno Unito dopo Brexit? Quale sarà l’impatto? Una risposta c’era già, ancora prima del referendum, quando la Society of Motor Manufacturers and Traders (società che supporta e promuove gli interessi dei produttori e commercianti del settore) aveva pubblicato una nota in cui il 77% dei membri si esprimevano per il “Remain”. Si schierò apertamente anche Ford, che scrisse una lettera ai suoi 14mila dipendenti del regno illustrando i possibili problemi di carattere economico in caso di uscita dall’Ue. Due appelli caduti nel vuoto. La reazione delle Borse immediatamente successiva a Brexit è stata evidente: dopo le Banche, il comparto che ha fatto segnare le maggiori perdite percentuali è stato quello automobilistico.

Mercato dell’auto: un settore traino per l’UK

Prima di parlare di possibili conseguenze, diamo un’occhiata al settore dell’automotive britannico che, indotto incluso, dà lavoro a 730mila addetti. Sono 15 i marchi presenti, praticamente tutti di proprietà estera, per un totale di 26 fabbriche da cui, nel 2015, sono uscite oltre un milione e mezzo di auto nuove (e 2.4 milioni di motori). Il 77% viene esportato (il 60% del quale diretto verso l’Europa) per un giro d’affari calcolato in oltre 70 miliardi di sterline. È il quarto Paese produttore in Europa dopo Germania, Francia e Spagna, il terzo per auto nuove vendute; inoltre il settore auto è il terzo in Gran Bretagna in termini di valore all’export (contribuisce per l’11%).

I marchi stranieri dominano il mercato

La parte del leone la fa l’indiana Tata Motors che con i marchi Land Rover e Jaguar produce mezzo milione di auto l’anno. Poi ci sono le giapponesi: Toyota produce 200mila auto, Honda 120mila. Bmw, con la Mini, supera quota 200mila, la metà di quelle del gruppo Opel/GM. In Inghilterra è presente anche FCA con una sede operativa e una fiscale, ma non si attendono particolari contraccolpi.

Jaguar

Foto: sportwagen

Libera circolazione e libero scambio di merci

La questione è molto semplice: uscendo dall’UE per il Regno Unito verrebbe meno la libera circolazione e il libero scambio delle merci. La conseguenza sarebbe la reintroduzione dei dazi doganali: del 10% in uscita e del 4% in entrata. Il danno per le esportazioni sarebbe enorme. Le reazioni dei manager delle principali case automobilistiche non si sono fatte attendere: molti hanno subito invocato l’apertura di un negoziato tra Londra e Bruxelles per mantenere le attuali condizioni di commercio. C’è poi anche la reazione (uguale e contraria) del mercato nordamericano, quello dell’area Nafta per intenderci (Usa, Canada, Messico), che fiuta l’occasione e spinge per la realizzazione di accordi di libero mercato con Londra per deviare il flusso di veicoli dall’Europa verso l’America. Insomma, Brexit potrebbe persino rivelarsi un’opportunità per aprire nuove rotte commerciali.

Le previsioni apocalittiche degli esperti

In questi giorni frenetici post Brexit non sono mancate nemmeno le previsioni (generalmente negative) delle società specializzate in ricerche di mercato. Come Evercore ISI secondo cui entro la fine del 2016 il mercato dell’auto britannico farà già segnare un -4.6%; nel 2017 il calo sarà del 10% con un impatto più ampio a livello europeo (-2.5%). Tradotto in euro, si tratta di otto miliardi di mancati guadagni. Secondo IHS nel 2017 il mercato interno potrebbe crollare del 7.5%-8.5% perdendo tra le 220mila e le 260mila unità. Guarda avanti LMC Automotive che legge un calo del mercato interno britannico del 15% nel 2018, quando il complesso iter di uscita dall’UE dovrebbe essersi concluso.

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